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ROMA 2022

Recensione: Il colibrì

di 

- Francesca Archibugi adatta il best-seller di Sandro Veronesi richiedendo allo spettatore uno sforzo in più per seguire il flusso libero di ricordi, ma le emozioni sono assicurate

Recensione: Il colibrì
Nanni Moretti e Pierfrancesco Favino in Il colibrì

Il colibrì è un piccolo uccello che impiega tutte le sue energie per rimanere fermo dove è. Questo è ciò che fa Marco Carrera, il protagonista del nuovo film di Francesca Archibugi, Il colibrì [+leggi anche:
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, tratto dall’omonimo romanzo best-seller di Sandro Veronesi, vincitore del Premio Strega 2020 e tradotto in 25 lingue. Una storia che abbraccia quasi sessant’anni, in cui le gioie, i dolori e le nevrosi di una famiglia borghese come tante si intrecciano con l’evoluzione di un amore assoluto e straordinario, attraversando tre generazioni. E dove l’imperativo è tenere tutto insieme e resistere, anche dinanzi a ciò che sembra insopportabile.

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Scritto dalla regista con Laura Paolucci e Francesco Piccolo (i due, fra gli altri, hanno già co-sceneggiato Caos calmo [+leggi anche:
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, tratto sempre da un libro di Veronesi), Il colibrì ha aperto la 17ma Festa del Cinema di Roma, dopo la prima mondiale a Toronto, ed è uno di quei melodrammi dalla struttura solida, che raccoglie la sfida non semplice di mettere in scena un flusso libero di ricordi, saltando da un’epoca all’altra, tra età e momenti della vita diversi. Il film si apre con un affresco estivo, in una bella villa in riva al mare dove la famiglia Carrera è in vacanza. Padre e madre (Sergio Albelli e Laura Morante) si preparano per una cena fuori con gli amici, mentre i loro tre figli ventenni, Marco, Giacomo e Irene (Francesco Centorame, Niccolò Profeti, Fotinì Peluso) si apprestano a passare la serata ognuno a modo suo: Giacomo sul divano imbottendosi di alcol, Marco incontrando di nascosto la ragazza francese che fa battere il cuore sia a lui che a suo fratello (Luisa, incarnata da Elisa Fossati) e Irene, psicologicamente sofferente, ascoltando musica con le cuffie alle orecchie. Quella notte avviene una tragedia, e i destini dei personaggi si saldano per sempre.

Parecchi anni dopo, uno psicologo (interpretato da Nanni Moretti) entra nello studio medico dove esercita Marco (che da adulto ha il volto di Pierfrancesco Favino) facendogli mille domande su lui e Luisa (che da grande è Bérénice Bejo). È lo psicologo che ha in cura la sua attuale moglie, Marina (Kasia Smutniak); la donna, che ha seri problemi psichici, è totalmente fuori controllo e lui ha buone ragioni per pensare che Marco sia in pericolo. Quest’ultimo inizialmente nega di avere una relazione con la sua vecchia fiamma, poi confessa. Da lì il puzzle comincia a ricomporsi, i personaggi si moltiplicano, gli avvenimenti iniziano a fluire su piani temporali diversi, tra Roma, Parigi, la Toscana. Le case, i luoghi rimangono pressoché identici, a cambiare sono i volti, i capelli, i vestiti; un momento un personaggio si muove in un ambiente, l’attimo seguente lo vediamo in quello stesso ambiente trent’anni dopo (il delicato lavoro di montaggio è affidato a Esmeralda Calabria).

Marco è un uomo buono, mette gli altri prima di sé, anche a costo di non vivere fino in fondo quell’amore che lo accompagna da una vita; o forse, così facendo, ha l’illusione di renderlo eterno. Altri dolori e perdite scuotono la sua esistenza, ma è la sua vita, la accetta e non la cambierebbe con nessun’altra. Pierfrancesco Favino torna qui a incarnare con finezza una figura maschile inconsueta (lo avevamo visto l’anno scorso, sempre alla Festa di Roma, in Promises [+leggi anche:
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, un film che con questo di Archibugi ha alcuni punti in comune), un uomo sensibile, rassicurante, spirituale. Ma un plauso speciale va a tutto il cast, inclusi i giovani Fotinì Peluso (già apprezzata in Cosa sarà [+leggi anche:
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), Francesco Centorame (protagonista della quinta stagione di Skam Italia, uscita da poco) e la sempre più affermata Benedetta Porcaroli (vista di recente a Venezia in Amanda [+leggi anche:
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). Allo spettatore è richiesto uno sforzo in più per orientarsi fra gli sbalzi temporali e collegare gli eventi, ma con storia, regia e interpretazioni così intense le emozioni sono assicurate.

Il colibrì è una coproduzione italo-francese, prodotto da Fandango con Rai Cinema e coprodotto da Les Films des Tournelles - Orange Studio. Il film esce nelle sale italiane il 14 ottobre distribuito da 01 Distribution. Le vendite internazionali sono a cura di Fandango Sales.

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