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SITGES 2022

Recensione: Irati

di 

- Il regista basco Paul Urkijo realizza un film d'avventura fantasy medievale tanto azzardato quanto emozionante

Recensione: Irati

Ci sono film che hanno la capacità di affascinarti, di portarti in altri luoghi, di creare mondi unici. Non è una questione di qualità del film (o almeno non soltanto), ma di provare una certa ammirazione, di commuoversi, di lasciare che rimanga con noi per molto tempo dopo la proiezione. È quello che ci è successo con Irati [+leggi anche:
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, il nuovo film di Paul Urkijo, vincitore del Gran Premio del Pubblico per il Miglior Film e del premio per i Migliori Effetti Speciali nella Selezione Ufficiale del 55° Festival di Sitges.

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Il film di Urkijo è una sorta di Signore degli Anelli basco, ma con molti meno soldi, il che è già un merito per il livello della produzione. Attraverso il fantasy Irati torna all'VIII secolo per raccontare la storia di Eneko (Eneko Sagardoy), un giovane nobile cristiano dei Pirenei che deve mantenere la promessa fatta al padre ora defunto: proteggere e guidare il suo popolo nella nuova era. Per farlo, deve recuperare il corpo del padre, sepolto alla maniera pagana accanto al tesoro di Carlo Magno. Tuttavia, nonostante la sua fede cristiana, avrà bisogno dell'aiuto di Irati (Edurne Azkarate), un'enigmatica pagana della zona che ha conosciuto durante la sua infanzia. In questa missione i due giovani vivranno la loro avventura, addentrandosi in una strana foresta dove "esiste tutto ciò che ha un nome".

Ci sono diverse cose che affascinano di Irati. In primo luogo, la sua audacia e il modo in cui si assume il rischio. Urkijo sceglie una strada difficile e praticamente inesplorata in Spagna (per realizzare una superproduzione e con non molte risorse per tali livelli) e ne esce con un risultato incredibile. La proposta estetica del regista è folgorante e, attraverso materiali visivi straordinari, riesce a portare l'espressionismo nella foresta. In questo senso, la fotografia con luce naturale e vero fuoco nel buio è uno degli aspetti che più colpiscono del film. Anche tutto ciò che accompagna la messa in scena riesce ad essere all'altezza: la scenografia, i costumi, il suono, la musica, la scelta degli spazi e delle loro inquadrature, tutto contribuisce alla creazione di questo mondo magico unico. La personalità e la lucidità del regista si ritrovano anche nella sceneggiatura, nei materiali testuali che utilizza per raccontare la storia.

Irati è una storia molto locale, basata sui racconti della mitologia basca tratti dai ricordi d'infanzia del regista per creare un nuovo spazio di memoria sentimentale. Così facendo, raggiunge una delle grandi virtù della narrativa: partendo dal proprio, raggiunge l'universale. Attraverso ciò, come nella letteratura classica (presente anche nel film), Irati parla poeticamente di questioni umane e senza tempo. Il peso delle radici, l'idea di lealtà e onore, il significato dell'identità, la lotta per un posto e il valore di questa lotta, il significato della fede, il concetto classico della "bella morte" (riempire la propria vita di azioni per raggiungere la gloria eterna, per essere ricordati e amati nell'eternità), la paura di dimenticare, la presenza della morte nella vita, la ricerca delle proprie origini e il prezzo di questa ricerca. Urkijo riesce a creare la cornice ideale, intrinsecamente narrativa, per raccontare tutte questi temi con epica bellezza.

Partendo dal fantastico, Irati riesce a essere un film d'avventura (anche una storia d'amore) tanto rischioso quanto emozionante. Un film che raggiunge una magia molto personale e che, nel farlo, riesce anche a parlare della bellezza dell’inconosciuto.

Irati è una produzione di Bainet Zinema, Ikusgarri Films, Kilima Media ed ETB.  Filmax lo distribuisce in Spagna.

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(Tradotto dallo spagnolo)

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