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SOLETTA 2023

Recensione: The DNA of Dignity

di 

- Jan Baumgartner si interessa al lavoro meticoloso di quanti cercano di ridare dignità alle migliaia di persone scomparse durante la guerra dei Balcani

Recensione: The DNA of Dignity

Presentato in prima mondiale alla Semaine de la Critique del Locarno Film Festival, The DNA of Dignity [+leggi anche:
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scheda film
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di Jan Baumgartner, giovane regista svizzero residente a Sarajevo che si è formato come autodidatta, concorre alle Giornate di Soletta per il Prix de Soleure. Quattro anni dopo il suo cortometraggio Talking Soil che parlava già delle conseguenze della guerra in Jugoslavia attraverso il lavoro dei “cacciatori di mine” che perlustrano la terra alla ricerca di ordigni inesplosi, Jan Baumgartner torna ad interessarsi alla guerra dei Balcani.

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Se nel suo ultimo cortometraggio ciò che il regista indaga sono i pericoli che si nascondono nelle viscere di un territorio ferito, per il suo primo lungometraggio The DNA of Dignity è dei numerosi resti umani che giacciono senza identità in fosse comuni che ha deciso di occuparsi. I “cacciatori di mine” lasciano allora il posto al lavoro degli antropologi, dei medici forensi e degli archeologi che, pazientemente, cercano di ricostruire storie famigliari spezzate.

Ciò che colpisce sin dalle prime immagini del film è la precisione clinica con la quale Jan Baumgartner affronta un tema ancora estremamente delicato impregnato di ricordi, dolore e rancore. The DNA of Dignity si apre con un piano sequenza sui sacchi bianchi allineati in un grande deposito che contengono i resti di ossa trovate nella foresta di un luogo non ben identificato e che attendono di essere identificate. Questo maestoso piano sequenza riassume già di per sé l’intenzione del regista, quella di aprire la discussione sulle ferite lasciate da una guerra ancora troppo vicina per parlarne senza lasciarsi sommergere dall’emozione e dalla rabbia.

La guerra dei Balcani ha lasciato dietro di sé migliaia di persone scomparse che non possono dignitosamente salutare i propri famigliari non avendo nessun corpo da seppellire e quindi nessun luogo nel quali raccogliersi. Sotterrati da qualche parte in modo sommario, questi corpi si decompongono ogni giorno di più diminuendo progressivamente le possibilità di associarli alle persone ancora scomparse.

Prima di concentrarsi sul lavoro certosino degli archeologi, medici forensi, antropologi ma anche delle persone comuni che ancora non si arrendono, Baumgartner sorvola le foreste catturando immagini per certi versi astratte ritrascritte grazie a riprese vertiginose dall’alto. Come è possibile che la natura, la sua semplice bellezza, possa nascondere segreti tanto crudeli? Questa è la domanda centrale che sembra porsi il regista sempre attento ad analizzare la realtà senza lasciarsi catturare da un sentimentalismo che potrebbe fatalmente corromperla.

Il film non svela nessun indizio che ci potrebbe permettere di identificare chiaramente il luogo dove si svolge la storia, questo per evitare qualsiasi accusa di parzialità. Ciò che il regista solleva non è infatti la questione della colpevolezza. Ciò che vuole è piuttosto aprire la discussione, permettere la condivisione di un dolore che supera ogni confine. Ad accompagnarci in questo viaggio ci pensano una madre (interpretata da Muniba Muftić) alla ricerca del corpo di suo figlio e un uomo anziano che perlustra volontariamente la foresta che circonda casa sua alla ricerca di oggetti, vestiti e ossa di quanti sono scomparsi.

The DNA of Dignity è un film apparentemente discreto che si avvale però di uno sguardo precisissimo (così come è preciso il lavoro di coloro che mette in scena). Jan Baumgartner sa evitare la drammatizzazione senza però sacrificare un’empatia che traspare in tutto il film.

The DNA of Dignity è prodotto dallo stesso regista per Jan Baumgartner Filmproduktion.

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