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BERLINALE 2023 Panorama

Recensione: After

di 

- BERLINALE 2023: Immersione totale in una festa techno underground per l'iperenergica opera prima di Anthony Lapia, tuttavia venata di malinconia generazionale

Recensione: After
Louise Chevillotte in After

È buio, i muri sono ricoperti di graffiti, c’è un parcheggio sotterraneo in disuso pieno di pozzanghere e in lontananza risuona un beat a cui la telecamera si avvicina fino a che non diventa un suono intenso e si apre allo sguardo un luogo sotterraneo dove è in corso un frenetico party techno. Per più di sei minuti, sulla pista da ballo, una folla estatica di una sessantina di volti ripresi in primo piano si muove in un'irresistibile onda caleidoscopica, nella massima vicinanza fisica, al culmine della potenza sonora.

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Inizia così After [+leggi anche:
trailer
intervista: Anthony Lapia
scheda film
]
, primo lungometraggio del francese Anthony Lapia, presentato al Panorama della 73ma Berlinale, un film minimalista e radicale che proietta lo spettatore nella posizione di partecipe di questa euforia, di questa ebbrezza festaiola con corpi e menti sfrenate sotto l'influsso chimico, al centro di una comunità che chiacchiera fugacemente al bar e nella sala fumatori, evadendo in uno spazio-tempo condensato in un luogo e in una notte, in un desiderio febbrile di liberarsi dalle catene del mondo esterno (le barriere delle classi sociali e le convenzioni, il futuro individuale e collettivo in un mondo che riecheggia il caos) che però porta in sé anche evanescenza ("scusa, non posso lasciare la mia amica con uno che non conosce"), autodistruzione, annientamento. Perché c'è un dopo, un altrove, una malinconica realtà che l'alba porta inevitabilmente a galla.

Questo "dopo" è incarnato da Félicie (Louise Chevillotte) e Saïd (Majd Mastoura). La prima è un’avvocata penalista, il secondo un autista di Uber. Si incontrano sulla pista da ballo, si piacciono e sgusciano via dalla festa durante la notte per raggiungere l'appartamento di Félicie. Qui parlano soprattutto, un riflesso di questa generazione agganciata a gocce di rumore e colta al bivio tra la capitolazione ("è sempre la stessa cosa, la gente è fuori di testa, i tuoi amici sono scandalosi, devi gestirli", "incontri un sacco di gente con cui condividi tante cose, ma non ricordi niente. L'energia di cui parli è troppo volatile, non esiste", "è inutile lottare perché siamo già sconfitti", “l'essere umano è strutturalmente cattivo, tendiamo al facile, quindi al peggio. Guarda il progresso: l'umanità non è mai stata così ricca e così avanzata, stiamo distruggendo tutto ciò che tocchiamo") e frammenti di speranza rivoluzionaria ("quando ami la stessa cosa con altre persone, succede qualcosa, sei ultrapotente, non sei solo"). Una discussione esistenzialista, ecologica, politica (naufragata o resistente dall'interno?) che si concluderà in un dolce abbraccio, mentre la festa continua in parallelo prima che il giorno livido irrompa nel centro di Parigi al suono di una ribellione che fa tremare il selciato.

Oscillando tra riprese in stile documentaristico (della festa) particolarmente ben eseguite, elettrizzanti quanto i brani remixati da Panzer, e un contrappunto di finzione sottolineato dall'ideologia e dai sentimenti dei parigini moderni raccolti a un ritmo completamente diverso, After si rivela un film-esperienza attraente per il suo pudore naturalistico che sfugge alla narrazione tradizionale senza sopraffarla. È un interspazio che ha il suo fascino, un sottosuolo che ha i suoi codici, e una generazione che ha i suoi dubbi...

Prodotto da Société Acéphale (che gestisce anche le vendite internazionali) e da Salt for Sugar Films, After è coprodotto da Les films de l’autre cougar e Les productions du Mont Pelat.

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(Tradotto dal francese)

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