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CINÉMA DU RÉEL 2023

Recensione: La base

di 

- Il film d'esordio di Vadim Dumesh esplora i retroscena della vita quotidiana dei tassisti parigini in attesa all'aeroporto di Roissy-Charles-de-Gaulle

Recensione: La base

Tutto il pianeta viene a visitare Parigi, la città più bella del mondo. E il loro primo contatto è con un taxi parigino. Degli aeroporti conosciamo di solito solo le piste e i terminal, dei taxi solo le code e poi i viaggi più o meno con chiacchierata. Ma c'è un mondo dietro questo mondo, ed è in un luogo sorprendente, la base dei taxi dell'aeroporto Roissy-Charles-de-Gaulle, anch'esso un enorme non-luogo, tuttavia molto vivace, che si immerge La base, il primo lungometraggio del regista di origine lettone naturalizzato francese Vadim Dumesh. Un'immersione originalissima di cruda autenticità (spesso girata da non professionisti con gli smartphone) unita al senso acuto del regista per i dettagli, i personaggi e le atmosfere, presentata in anteprima mondiale in concorso al 45° Cinéma du réel.

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"Parigi è troppo dura, non si può resistere tutto il giorno... Per salvarsi, l'unica cosa è venire in aeroporto a riposare". Nella base posteriore quasi 900 taxi aspettano di essere spediti in un terminal o in un altro. Gli aerei decollano e atterrano senza sosta e c’è un'intera micro-società che ammazza il tempo in questo vasto parcheggio a cielo aperto. Si mangia, si puliscono i taxi, si ascolta musica, si gioca a bocce, a calcio, a ping-pong, si suonala tromba o a chitarra, si fa ginnastica, si legge - Lo stranierodi Albert Camus -, si condividono video, si fa giardinaggio nei rari spazi non occupati dal cemento, Si discute di tutto e di niente, della vita naturalmente, ma anche del lavoro (la concorrenza dei VTC - Veicolo turistico con autista, i prestiti per le auto, i cellulari che hanno cambiato tutto, l'automazione, la pubblicità sui veicoli, le auto senza conducente del futuro, ecc. ) e del tempo che passa ("avevamo un parcheggio sterrato, senza asfalto, senza luce, vedevamo costruire Roissy; noi invecchiavamo e Roissy diventava giovane con i suoi alberghi e i suoi edifici"). La base posteriore è un universo brulicante di storie multiple che hanno senza dubbio in comune il fatto di essere intrecciate ai fili dell'immigrazione, poiché tutte le comunità sono rappresentate in questa sorta di Torre di Babele di taxi, che fa stranamente eco alle molteplici destinazioni verso cui volano gli aerei nel cielo blu o nella notte.

Filmando in incognito lui stesso o attraverso le immagini catturate da Ahmed ("il giardiniere"), dal truculento Jean-Jacques e dal laotiano Kham Yong, il regista dipinge un ritratto composito, ricchissimo, umanistico e più che suggestivo (nonostante l’apparenza disarticolata) di un luogo del tutto fuori dal comune, tra sopravvivenza nel cuore di una modernità sempre più spietata e resilienza un po' malinconica (ci spostiamo, ripiantiamo un albero, ritroviamo le nostre radici). Un film-testimonianza ("questi resterannoricordi- è così che il cinema resta per sempre, è un archivio") che fa luce sul passato, esamina il presente e si interroga sul futuro: "forse sarà l'auto senza conducente a raccontare la storia. Non ci sarà più bisogno di esseri umani”.

La Base è prodotto da Les Films de l’œil sauvage, in coproduzione con Vià 93, Le Fresnoy e Pictanovo.

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(Tradotto dal francese)

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