Cannes 2002 - Concorso
- Il regista inglese presenta Sweet sixteen: «Le coproduzioni sono l'unica via possibile»
«La settimana scorsa ero a casa mia a Greenock, e ora sono a Cannes. E´
formidabile». A parlare è Martin Compston, giovanissimo protagonista di Sweet sixteen di Ken Loach, in concorso al festival. Martin, che parla con un
impossibile accento di Glasgow, è un esordiente. La sua vera attività è giocare
a calcio, in seconda divisione scozzese, e il primo giorno di lavorazione non
voleva nemmeno presentarsi sul set. Invece si è dimostrato un attore di grande
talento in un duro melodramma sociale che in Inghilterra non ha ancora una
distribuzione.
Liam, il protagonista, è un ragazzo della low class nell'estremo ovest della
Scozia, con una madre in prigione e un gruppo di amici alla ricerca di
un'opportunità. Per costruire un futuro per sè e per la propria famiglia non
trova altra strada che diventare spacciatore. «Liam è un ragazzo intelligente,
pieno di immaginazione e coraggio - spiega Ken Loach - che, se venisse da un
altro milieu sociale, finirebbe all'università. Invece fa parte di quel 99% dei
giovani che in Scozia, dove 40 mila bambini sono esclusi dalle scuole ogni anno,
si ferma molto prima». Per Loach tutto questo ha delle cause ben individuate: il libero mercato l'assenza di un governo capace. «D'altra parte l'idea di Europa che si afferma - aggiunge - è quella di un mercato unico dove spostare a piacimento i lavoratori e in cui le
aziende possano andare a stabilirsi lì dove la mano d'opera costa meno».
Il polemico regista dice la sua anche sull´industria del cinema: «Lo Stato
britannico adesso non dà più soldi per film come i miei. La strada che posso
trovare è quella di un finanziamento multiplo, con partner di tutta Europa, come
la Roadmovies di Wenders. Ma è l´unico modo per mantenere la mia libertà».
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