email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

2. Interrogativi senza risposta

di 

L’appuntamento per una proposta di revisione sistematica della direttiva “Televisione senza frontiere” era – anzi è – fissato per il dicembre 2002, ma gli interrogativi sul da farsi si sono infittiti al punto da consigliar di predisporre alcuni studi preliminari sui problemi più spinosi. Infatti tra le tre opzioni possibili (modifica radicale e immediata, ritocchi di superficie, programma di lavoro in vista di un testo nuovo) si è scelta la terza strada, la più lunga e ambiziosa. Va bene se porterà rapidamente ad una revisione sostanziale e pertinente.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Alcuni parlarono nel 1997 di revisione mancata per la direttiva che 1997: invece di modificarla incisivamente e ampliarne le implicazioni furono aggiunte al testo di partenza alcune parti, che l’hanno reso più attuale e comprensivo senza però innovarlo in profondità. Si stabilì, ad esempio, che dovessero essere trasmessi in chiaro avvenimenti eccezionalmente seguiti perlopiù di agonismo sportivo – sulla base di elenchi elaborati dagli Stati membri – e si auspicò un rafforzamento delle misure a tutela dei minori anche avviando studi su dispositivi atti a filtrare intelligentemente i programmi.

Molti interrogativi rimasero senza risposta: oggi conviene ripartire da lì, da quanto è rimasto in sospeso in quell’intenso dibattito. Di cruciale importanza sono le definizioni che la direttiva prospetta: quella di “trasmissione televisiva” è meno ovvia di quanto si potrebbe credere. Così com’è copre le varie tipologie fino alla video on demand , esclusa perché attivata dalla volontà di un singolo e quindi non rivolta indifferentemente al pubblico. Ma basta questo fatto per non dare connotato di pubblico – potenziale – a quanti attingono ad una fonte di loro gradimento per scegliersi l’oggetto del desiderio? Non si riuscì allora a sancire i parametri da impiegare per l’individuazione del “produttore indipendente”. Inoltre non fu formalmente chiarito il concetto di televisione tematica: necessario se si vogliono prescrivere per tale tipo di imprese obblighi diversi dalle quote di programmi europei, quali la destinazione ad essi di una certa cifra di bilancio. Non sono previste nell’attuale testo misure tese alla promozione delle opere.

In breve: si dovrebbe estendere il campo d’applicazione della direttiva se non all’intero settore dell’audiovisivo almeno a tutti i nuovi servizi comparabili con quelli più tipici dell’emittenza televisiva. Dir questo significa enunciare un problema di difficilissima soluzione: eppure è questo il tema in campo. La diffusione in rete in tutte le sue forme, che pure coinvolge l’audiovisivo nei suoi molti aspetti, ha una natura tale che è impossibile investirla di obblighi o obiettivi uniformemente penetranti come quelli pensati per la direttiva. Allargarne a dismisura i confini vuol dire in realtà rinunciare a intervenire in modo puntuale e quindi a trarre dall’impegno normativo qualche apprezzabile, e verificabile, risultato. L’impianto che nacque nel 1989 fu pensato per una televisione generalista, sconvolta dall’irruzione del satellite a trasmissione diretta e dall’ingresso sul mercato di operatori privati. Da allora le trasformazioni sono state vertiginose. E’ lecito chiedersi: si può tentar di aggiornare una direttiva di questo genere fino a renderla più adeguata per i fini che si proponeva o deve essere interamente riscritta, da cima a fondo, perché affronti l’audiovisivo nella sua multimediale complessità di formati? E’ allora opportuno introdurvi capitoli su principi etici condivisi e su questioni già regolamentate orizzontalmente quali il diritto d’autore? E le quote europee di cui tanto si discusse e si discute quale collocazione potranno avere in un’architettura tanto slargata? E la distribuzione del messaggio pubblicitario, anch’esso diffuso in modalità tanto varie come si potrà governare? Le domande potrebbero moltiplicarsi e finirebbero per accrescere incertezze e dubbi.

La consultazione di fatto è già iniziata e non riguarda soltanto gli addetti ai lavori. Anzi: sarebbe un errore irreparabile darle un connotato settoriale o corporativo. Probabilmente la prospettiva più convincente è quella più realistica: che si prefigga non di regolamentare tutto, ma di tenersi all’essenziale, non dimenticando che in mezzo al grande oceano delle immagini e dei suoni nel quale siamo immersi esiste un’emittenza televisiva – pubblica e privata – che è tenuta a osservare indirizzi e regole di interesse generale. Sembrerà strana questa riflessione sulla necessità di non avere ambizioni troppo alte da parte di chi ritiene che un governo ci deve essere a garanzia di diritti fragili e espressioni culturali a rischio. Il fatto è che, spesso, si ascoltano troppe argomentazioni declinate per dimostrare che i confini si sono ormai annullati e che quindi si è vanificata qualsiasi ipotesi di orientare o indirizzare o governare. Non c’ è nulla di scandaloso se ci si batte perché intanto continui ad essere sottoposto ad alcune regole, non punitive né anacronistiche, un comparto che, a ben vedere, residuale non è diventato e centrale continuerà ad essere per molti e molti anni.

Il contesto nuovo che si delinea, con la costituzionalizzazione di principi quali la diversità nelle culture e il pluralismo nell’informazione, proclamati nella Carta di Nizza, offre spunti non secondari per affrontare questa fase nuova con lena e con entusiasmo.
Ciò che ha detto la commissaria Viviane Reding più volte induce a sperare e incita a riprendere serie iniziative di proposta. I tre studi intrapresi in vista della eventuale revisione vertono sull’efficacia delle quote (ancora!), sull’evoluzione tecnologica e sulle nuove tecniche di pubblicità. Si tratta sicuramente di questioni di sostanza. In ultima analisi le conclusioni li travalicheranno: uno spazio audiovisivo europeo nel quadro della crescente globalizzazione è più necessario che mai, e sarà differentemente – con maggiore o minore intensità – regolamentato secondo gli sviluppi economici, le dimensioni di mercato, l’applicazione delle tecnologie. I caratteri degli ambiti in cui si articola. Una direttiva mirata, rivista e rafforzata quanto basta, conserverà intatta la sua efficacia, anche se non potrà essere un’illusoria direttiva tuttofare.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy