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FILM / RECENSIONI

13 (Tzameti)

di 

- L’esordio clamoroso di un autore affascinato dal lato oscuro dell’essere umano. Un mondo clandestino reso attraverso uno stile scioccante, in cui la vita si gioca alla roulette russa

Attenzione, film di culto! A soli 27 anni, il cineasta georgiano Gela Baluani, emigrato in Francia ormai da dodici anni, con il suo primo film, 13 (Tzameti) [+leggi anche:
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, si è imbarcato in un vero e proprio tour de force visivo e narrativo che ha attirato l’attenzione di tutto il mondo del cinema. Così, Kathleen Kennedy, compagna e produttrice di Steven Spielberg, ha recentemente dichiarato che per lei e suo marito 13 è stato la rivelazione europea dell’anno. Un’investitura che apre delle prospettive appassionanti per il futuro del giovane cineasta, che da alcuni critici è stato già paragonato al primo Polanski, mentre altri non hanno esitato a chiamare in causa Hitchcock, Melville e Scorsese. Bisogna dire che 13 ha fatto parlare di sé sin dalla prima proiezione, vincendo il leone del futuro per la migliore opera prima alla Mostra d’arte cinematografica di Venezia nel 2005, e poi il Gran premio al Sundance Festival nel 2006. Ancor prima di questa irruzione trionfale nel circuito elitario della settima arte, il film, nato come mediometraggio, si era trasformato in lungo, convincendo ancora di più gli investitori (tra i più importanti, la MK2). Una serie di circostanze eccezionali che ben si addicono alla natura fuori degli schemi di 13, in cui l’argomento scioccante non può essere disgiunto dalla forte personalità del suo autore, figlio di un regista premiato con un orso d’argento a Berlino nel 1993, un giovane cresciuto in fretta grazie ad un’adolescenza vissuta a contatto con l’atmosfera estremamente violenta della Georgia dopo la caduta del muro di Berlino. Perché la sopravvivenza e la sua antitesi, la morte, costituiscono il filo conduttore di 13, la cui trama apparentemente assume le forme del thriller, del poliziesco, per esporre nel modo più efficacie una visione del mondo infernale, un mondo le cui uniche, sotterranee, regole rimandano ad una folle brama di denaro.

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Immergendo lo spettatore nell’abisso della sua nera concezione dell’umanità, Gela Babluani descrive la straniante avventura in cui s’infila Sébastien (interpretato da Georges Babluani, fratello del regista). Il giovane immigrato si guadagna da vivere facendo saltuari lavoretti di carpenteria in diversi appartamenti finché un giorno, durante uno di questi, si sorprende ad ascoltare una conversazione foriera di ricchezze e di pericolo. Innescato da un destino fatale (una lettera che vola via, un’overdose), l’intrigo segue l’eroe che, ciecamente, assume l’identità di un uomo morto e segue le istruzioni che gli erano state destinate per seminare la polizia che lo sorvegliava. Giunto in una sfarzosa villa nascosta in una foresta, il giovane diventerà, suo malgrado e senza possibilità di fuga, il tredicesimo partecipante del gioco crudele della roulette russa. In un’atmosfera carica dei cadaveri che poco a poco si affastellano l’uno sull’atro, delle scommesse di questi giocatori d’azzardo estremo, in un clima di passioni animalesche dove l’unica regola è la sopravvivenza, i giocatori drogati, costretti all’omicidio, vengono iniziati al crimine e divengono allo stesso tempo vittime e carnefici, completamente alla mercè di un destino capriccioso ed implacabile, di un sistema occulto che regola la follia. Ma, al di là della brutalità acre di questo viaggio nella tenebra profonda dell’essere umano, Gela Babluani riesce soprattutto ad imporre uno stile visivo affascinante, moderno erede di un cinema sovietico laconico, basato unicamente sulla potenza delle immagini. Girato in bianco e nero ed in cinemascope, 13 (Tzameti) presenta anche un’impressionante galleria di caratteristi, da cui emerge l’impeccabile Aurélien Recoing. Maestria nella scelta degli attori, suspence nel racconto, virtuosismo della messa in scena e scienza del ritmo: Gela Babluani dimostra di avere ben più di una freccia al suo arco, un potenziale cinematografico seducente, sostenuto da una volontà d’acciaio, che potrebbe lanciarlo molto velocemente verso progetti di più ampio respiro.

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(Tradotto dal francese)

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