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FILM / RECENSIONI

Anche libero va bene

di 

- Per questo sorprendente debutto - che ha avuto il suo battesimo di fuoco alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes 2006 - alcuni critici italiani e francesi hanno speso il nome di Truffaut

Per questo sorprendente debutto - che ha avuto il suo battesimo di fuoco alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes 2006 - alcuni critici italiani e francesi hanno speso il nome di Truffaut (vedi la rassegna stampa in questo Focus). E chissà che il pubblico francese, che da oggi ha la possibilità di vedere il film italiano nelle sale MK2, non possa ritrovare un po' del proprio cinema, quello che si situa da qualche parte tra I 400 colpi o Gli anni in tasca e L'enfance nue di Maurice Pialat.

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L'audience transalpina ha conosciuto di recente il volto avvenente quanto febbrile dell'attore Kim Rossi Stuart in Romanzo criminale [+leggi anche:
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, ma non sospetta la sua abilità di autore e regista. Esattamente come gli italiani. Se parliamo infatti di debutto sorprendente è solo perché abbiamo imparato ad apprezzare un attore che da sempre ha rinunciato a una facile carriera di "bello" per trasformarsi in sensibile interprete di ruoli shakespeariani a teatro (Re Lear con Luca Ronconi, Amleto e Macbeth) e affrontare il cinema a soli cinque anni in un piccolo ruolo accanto a Catherine Denevue e Giancarlo Gianni in Fatti di gente perbene di Bolognini, approdando di recente al giovane psicopatico in Senza pelle di D'Alatri, al Lucignolo del Pinocchio di Benigni, al padre riconciliato ne Le chiavi di casa del mèntore Gianni Amelio, al bandito dal cuore tenero di Romanzo criminale. Ruoli scelti senza fretta e affrontati con profondo rispetto del mestiere d'attore. Ma nonostante la reputazione d'attore era lecitorimanere piacevolmente colpiti dal Kim Rossi Stuart autore e da un'opera prima che - senza nominare il nome di Truffaut invano - vede nascere un nuovo talento registico, nel quale Rossi Stuart ha trasfuso tutta la nervosa emotività della sua recitazione.

Scritto assieme a Linda Ferri, Federico Starnone e Francesco Giammusso, Anche libero va bene [+leggi anche:
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è un dramma che si tuffa nell'esistenza frantumata di una famiglia romana: Renato (Kim Rossi Stuart) è un cameraman con progetti velleitari, sempre in lotta con il mondo, alle prese con i conti che non tornano e due figli da tirar su, mentre la moglie (Barbora Bobulova), in bilico tra natura di donna libera e doveri di madre, sparisce per mesi per poi tornare a spezzargli il cuore ancora una volta. Lasciando ai margini le donne, il film si concentra sul rapporto tra il giovane padre aggressivo e fragile, dalla psicologia minacciosa e spesso sgradevole, e il figlio di 11 anni Tommi, occhi dolci e tristi che resistono e assistono sofferenti alle convulsioni nevrotiche di una generazione in perenne lotta con se stessa.

A colpire al cuore dello spettatore è proprio la credibilità di Alessandro Morace, ragazzino scoperto dal regista in una scuola di periferia. Il suo Tommi e il papà Renato sono due solitudini che viaggiano su linee parallele: il padre spinge il figlio all'isolamento e al rigore agonistico di una piscina, mentre Tommi vorrebbe gettarsi nella mischia della vita, sognando la coralità di un gioco come il calcio (il titolo italiano è spiegato: anche il ruolo di libero alla fine andrà bene). Il disagio, la fatica di crescere sono espresse metaforicamente da Tommi in quelle camminate sul tetto di casa, ad assaggiare la vertigine dell'abisso.

Senza giudizi morali, il film lancia gli indizi di un'esistenza futura, che sta nascendo e si sta formando. De Sica e Truffaut sono fonte d'ispirazione, ma Kim cerca un'autonomia linguistica fatta di autenticità senza compromessi, ai limiti del pudore. La regia è senza artifici, ha toni aspri ed energici e mostra l'insicurezza del debutto nell'affidarsi totalmente alla scrittura, senza lasciare spazio alle sfumature di gesti e sguardi.

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