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USCITE Italia

Lavorare stanca. E uccide

di 

A poche settimane dall’uscita di Signorinaeffe [+leggi anche:
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, il film di Wilma Labate sull’autunno caldo della Fiat, anche due documentari stanno riportando al centro dell’immaginario cinematografico (e del dibattito politico) la storia, più o meno recente, del movimento operaio.

Il primo, In fabbrica di Francesca Comencini, è una produzione Rai Cinema (realizzata da Offside) che ripercorre mezzo secolo di volti, voci e gesti di lavoratori, custoditi nel materiale di repertorio di Rai Teche, Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico e Archivio Nazionale del Cinema d’Impresa di Ivrea. Attraverso le facce e i dialetti di un’Italia che cambia (dal dopoguerra, al boom economico, al riflusso degli anni Ottanta), In fabbrica – che dopo l’anteprima al Festival di Torino sarà trasmesso oggi, in seconda serata, da Raitre – mescola l’intimo con il collettivo, il privato con il pubblico, le conquiste con le sconfitte, la fatica quotidiana con il racconto di quarant’anni di lotte sindacali.

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Il passaggio televisivo, però, è un privilegio raro: lo sa bene il sempre più appartato Daniele Segre, che in questi giorni ha presentato il suo Morire di lavoro in Parlamento, incassando il sostegno del presidente della Camera, Fausto Bertinotti, e di molti esponenti del mondo politico e sindacale. Anche qui, una carrellata di volti e di accenti (a volte stranieri), ma per parlare di oggi, di come ogni giorno qualcuno esce di casa per guadagnarsi da vivere, e muore. Al nord come al sud, numeri da guerra civile (235 le vittime soltanto nell’edilizia): un’emergenza che unisce tutta l’Italia, come l’inno di Mameli che risuona all’inizio e alla fine del film. Eppure il film (prodotto dalla società di Segre, I Cammelli, col sostegno del Sindacato Costruzioni CGIL e del Piemonte Doc Film Fund) al momento non ha una distribuzione, neppure televisiva. Morire d’indifferenza, oltre che di lavoro.

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