Vicino al Colosseo c’è... Monicelli
Dopo Manoel de Oliveira (oltre al corto d’apertura Do Visìvel ao Invìsivel, sono stati proiettati in questi giorni gli altrettanto brevi – e inediti, seppur girati cinquant’anni fa – Romance de Vila do Conde e O viral e a santa morta), la Mostra di Venezia festeggia la vitalità creativa di un altro maestro del cinema europeo: Mario Monicelli.
Classe 1915, più di sessanta film all’attivo (tra cui titoli di straordinario successo critico e commerciale, come I soliti ignoti), l’autore de La grande guerra – Leone d’Oro nel ’59 – porta al Lido una delle sue opere più sfortunate (Toh, è morta la nonna!, 1969, nella retrospettiva “Questi fantasmi”) ma soprattutto il suo ultimo Vicino al Colosseo c’è Monti, da un’idea di Chiara Rapaccini: un documentario di venti minuti per esplorare il Rione Monti, il più antico di Roma, dove il regista ha scelto di abitare.
A convincerlo, il carattere speciale di quest’angolo di città, che pur in pieno centro ha saputo mantenere una dimensione a misura d’uomo, coltivando riti tutt’altro che scontati in una metropoli contemporanea, dalle processioni alla banda musicale. “Volevo raccontare il Rione con toni non enfatici, ma quotidiani”, spiega Monicelli, consapevole di aver realizzato (complice il montaggio di Valentina Romano) una guida “per invogliare il curioso a cercare gli aspetti più nascosti di Monti: gli artigiani, le piazze che festeggiano le tipiche ottobrate romane, i negozi curiosi ed inaspettati, i giardini tropicali dietro i muri delle case, le palestre di boxe nascoste nei seminterrati”.
Fotografato in digitale da Valerio Azzali (già impegnato nel doc In fabbrica di Francesca Comencini), Vicino al Colosseo c’è Monti è stato prodotto da Gianvito e Alessandro Casadonte per Inspire Production.
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