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FILM / RECENSIONI

Revanche

di 

- Un film d’autore esistenzialista e sottile sotto forma di thriller avvincente. La conferma del grande talento del regista austriaco Götz Spielmann

Il quartiere a luci rosse di Vienna, una casa chiusa e due amanti segreti che sognano un'altra vita: Alex, semplice fattorino dell'organizzazione, e Tamara, una prostituta dell'Est. Due esseri umani duri e allo stesso tempo fragili che tenteranno una rapina in banca per sfuggire al loro destino di vittime dei bassifondi della società. Questo è in grandi linee il soggetto di Revanche [+leggi anche:
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dell'austriaco Götz Spielmann, Label Europa Cinemas l’anno scorso al Panorama della Berlinale e nominato all’Oscar del miglior film straniero 2009. Ma il regista mantiene perfettamente le forme del thriller con un'arte consumata di suspense e di dramma, e confeziona un'opera molto più complessa in cui il cinema d'autore prevale sottilmente sul film di genere.

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La prima chiave dell'originalità discreta di Revanche sta nel trasferimento dell'intreccio nella campagna dove vive il nonno di Alex, un vedovo attaccato alla sua fattoria (Hannes Thanheiser), non lontano dalla cittadina dove suo nipote farà la rapina. Da questo nuovo contesto emergono altri due personaggi i cui destini si intrecceranno con quello di Alex (un notevole Johannes Krisch) e Tamara (Irina Potapenko): Robert, un poliziotto locale (Andreas Lust) e sua moglie Susanne (Ursula Strauss), amica del vecchio fattore, una coppia che non riesce ad avere bambini. Personaggi magistralmente interpretati intorno ai quali il regista (che ha scritto la sceneggiatura) tesse una tela di rimandi alla psicologia della tragedia greca, dove la fatalità e il libero arbitrio si confrontano senza sosta. E il passaggio dal quadro urbano aggressivo e quasi interamente girato in interni al contesto naturale (foresta, campi e lago) fa viaggiare il film dal rumore al silenzio, come riflesso dell'evoluzione di un Alex roso dal desiderio di vendetta dopo la piega inaspettata che prende la rapina in banca (di cui è meglio tacere i dettagli per mantenere intatta la suspense).

Affrontando a piccoli tocchi una grande varietà di tematiche, dall'esplorazione della colpevolezza alla ricerca caotica dell'identità, passando per lo strano gioco delle coincidenze della vita, Revanche si rivela un'opera particolarmente densa di questioni esistenziali sotto un'apparenza molto fisica. Così come Alex si accanisce contro gli alberi del bosco a colpi di sega e di ascia in previsione dell'inverno, Götz Spielmann organizza il suo film con grande abilità, distillando diversi livelli di lettura e d'interpretazione tesi verso quello che resta l'obiettivo principale del regista austriaco: il tentativo di comprendere l'essenza della vita e l'impatto positivo della catarsi. Un'ambizione che si accompagna ad uno stile visivo che mira a una sobrietà che rende ancora più brillante il lavoro sulle inquadrature e sulle luci firmato dal direttore della fotografia Martin Gschlacht (già apprezzato in Antares dello stesso Götz Spielmann, Hotel [+leggi anche:
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di Jessica Hausner e Free Radicals di Barbara Albert).

Regista di 47 anni molto richiesto fin dai suoi esordi dai grandi festival internazionali, ma che conta al suo attivo solo sei lungometraggi per il cinema, Götz Spielmann sembra aver raggiunto una promettente maturità artistica che riposa su un delicato equilibrio tra i meccanismi della sceneggiatura e un realismo quasi documentale. Una maturità di cui sarà interessante seguire gli sviluppi.

Prodotto da Prisma Film e Spielmannfilm, Revanche ha beneficiato del sostegno dell'Austrian Film Institute, del Vienna Film Fund, dell’ORF e della Regione Austria del Sud. Le vendite internazionali sono affidate a The Match Factory.

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(Tradotto dal francese)

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